Circa due anni fa, Google ha introdotto l’indicazione mobile-friendly sulle SERP per i siti ottimizzati per smartphone. Poi dal 21 aprile 2015 è stata la volta del cosiddetto mobilegeddon. Ora la società di Mountain View vuole mettere alle strette i siti mobile che non offrono una buona esperienza utente, in particolare a quei siti che utilizzano pubblicità e finestre intrusive e a tutta pagina.
Da martedì 10 gennaio 2017 tutti i siti mobile che adottano, così come li definisce Google gli intrusive interstitial, potrebbero avere meno visibilità sulle pagine dei risultati di ricerca. Questa cosa fu annunciata ancora ad agosto 2016, ma ora sarà operativa a tutti gli effetti.
La domanda che molti si sono fatti e alcuni si pongono tuttora è: “ma cosa viene conteggiato come intrusive interstitial?”
La traduzione letterale in italiano di questo termine rischia di sembrare una terribile malattia, meglio quindi spiegare in pratica di cosa si tratta.
Gli intrusive interstitial sono sostanzialmente quei pop-up o finestre modali che tendono a coprire tutta o buona parte della pagina Web sottostante. Spesso poi queste finestre vengono caricate ancor prima che l’utente possa accedere ai contenuti delle proprie della pagina. Sono spesso impiegate per visualizzare pubblicità, invitare a iscriversi a newsletter, registrarsi a un sito…
Ecco alcuni esempi forniti da Google:
Sempre secondo Google, ma la cosa è abbastanza ovvia, hanno un impatto negativo sull’esperienza degli utenti anche quei messaggi, spesso pubblicitari, che le persone devono esplicitamente chiudere prima di poter accedere al contenuto.
Un’altra variante è rappresentata da quelle pagine che nella parte immediatamente visibile (above-the-fold) propongono un contenuto molto simile a quello presente nelle varie finestre modali a tutta pagina, mentre il vero contenuto è presente nella parte sottostante.
Esistono però delle eccezioni, come ad esempio:
- le finestre e i pop-up obbligatori per legge, come ad esempio quello per verificare se l’utente è maggiorenne o meno;
- le maschere di login per accedere ad aree riservate e non indicizzati dai motori di ricerca;
- banner che utilizzano un ragionevole spazio sullo schermo e che permettono di essere chiusi facilmente.
Ecco degli esempi:
È importante notare che Google considera in maniera negativa questi intrusive interstitial solamente se appaiono quando l’utente che arriva sul sito proviene da una pagina dei risultati di ricerca.
Quindi in teoria, se un sito mostra tali pop-up solamente quando un visitatore non accede al sito da una ricerca effettuata su Google oppure solo nelle pagine successive di una sessione di navigazione, non dovrebbero esserci problemi.
Ovviamente semaforo verde anche per tutti quei pop-up o finestre modali che vengono visualizzate dopo che l’utente ha cliccato su un link o un pulsante presente sulla pagina. In questo caso infatti la finestra viene mostrata in risposta a un’azione esplicita effettuata dal visitatore.
Quindi a partire dal 10 gennaio 2017 se sul tuo sito utilizzi pop-up o finestre modali che possono rientrare nelle casistiche descritte in precedenza è opportuno porvi rimedio prima possibile:
- ad esempio attivando tali finestre solo per i visitatori che accedono da dispositivi desktop (pc fissi e notebook);
- oppure evitando che vengano visualizzati quando il visitatore proviene da una pagina di risultati di Google;
- il metodo più sicuro rimane comunque quello di attivare tali finestre solo in seguito a una specifica azione dell’utente.